Spotify: croce o delizia?

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Lo scorso Agosto, Daniel Ek, Ceo di Spotify, ha rilasciato un’intervista a musically.com suscitando sgomento tra gli artisti che sono insorti con vari tweet di disappunto. Infatti, lo stesso Ek ha dichiarato che pubblicare un album ogni tre anni porta a più danni che benefici per il proprio pubblico.

Alcuni artisti che in passato avevano fatto bene, potrebbero non ottenere gli stessi risultati in futuro.

Non sarà possibile registrare musica una volta ogni tre o quattro anni, non possono pensare che basterà – ha detto il CEO di Spotify – Gli artisti che oggi hanno successo si sono resi conto che è fondamentale creare un legame continuo con il proprio pubblico.

Si tratta di pubblicare materiale, raccontare una storia attorno all’album e continuare a dialogare con i propri fan.

 

Tanti sono gli artisti che non hanno preso bene questa dichiarazione criticando il modello di business di Daniel Ek affermando che non è un modello efficace per produrre buona musica, ad esempio, Miks Mills dei R.E.M ha commentato la dichiarazione:

Musica = prodotto, e deve uscire regolarmente, dice il miliardario Daniel Ek”

 

Anche Zola Jesus ha dichiarato:

“È chiaro che il miliardario di Spotify Daniel Ek non ha mai fatto musica o arte o niente del genere. Non capisce che c’è una differenza tra un prodotto e un’opera d’arte”.

 

Jack Garratt ha commentato l’accaduto:

“Non puoi chiedere così tanto agli artisti e farli lavorare finché non sono esausti e poi dirgli anche che non stanno facendo abbastanza musica per soddisfare il tuo business model. Io mi sono preso tutto il tempo necessario per fare il mio secondo album. E lo rifarei se dovessi”.

 

Spotify in pochi anni si è imposto su qualsiasi altro modello di streaming service con un modello che ha algoritmi migliori della concorrenza e che è stato in grado di incontrare i gusti di un pubblico che diventava rapidamente sempre più ampio (e sempre più pigro).  

Ciò che ha voluto sottolineare Daniel Ek è un cambiamento nel modo di concepire la produzione musicale. Da parecchio tempo, infatti, il mondo della musica sembra essere maggiormente orientato alla produzione di singoli ed EP, piuttosto che nella produzione di un disco intero. Questa situazione è dettata, in sostanza, da Spotify e affini che hanno reso la fruizione della musica più “immediata” e decisamente più incalzante e volatile. L’ampio pubblico di Spotify diventava sempre meno interessato ad ascoltare un album, ma più attratto dalle playlist con brani di vari artisti che la piattaforma gli offriva creando così una uniformità stilistica dei brani.

La produzione in serie di artisti che siano in grado di sostituirsi rapidamente ad altri, garantendo alti numeri negli streaming effettuati soprattutto da un pubblico di ascoltatori giovane, è qualcosa di palesemente evidente da tempo.

È cambiato radicalmente il modo in cui le persone (soprattutto i più giovani) ascoltano musica. Sembra di essere davanti a una schiera di “ascoltatori occasionali”, che vivono di singoli ascoltati quasi per sbaglio mentre fanno altre mille cose.

Il cambiamento è ormai in atto e a questo punto crediamo sia impossibile invertire la tendenza e “trascinare” tutta una serie di ascoltatori occasionali verso il CD intero piuttosto che su un singolo in heavy rotation. Occorre trovare una soluzione al più presto anche perché la recente emergenza sanitaria ha evidenziato ancora di più la precarietà dei lavoratori della musica, mostrando al mondo l’urgenza di un cambiamento e, soprattutto, di sussidi e diritti.

 

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